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  • Onlyfans e tasse: guida per creator del settore adult

    Onlyfans e tasse: guida per creator del settore adult

    Il mondo del content creation su piattaforme come Onlyfans sta vivendo una crescita esponenziale.
    Sempre più persone decidono di intraprendere la carriera da creator indipendenti, proponendo contenuti esclusivi, spesso di natura sensuale o esplicitamente erotica, e monetizzando grazie agli abbonamenti mensili, mance (tips), richieste personalizzate e vendita di contenuti on demand.
    Ma con la crescita dei guadagni, arrivano anche gli obblighi fiscali. Uno dei temi più discussi e meno compresi è: serve aprire la Partita IVA per lavorare con OnlyFans? Come si dichiarano questi redditi? Qual è il regime fiscale più adatto per un creator adult?
    In questo articolo rispondiamo a tutte queste domande con un linguaggio chiaro e pratico, pensato per chi
    vuole lavorare in regola senza sorprese da parte del Fisco.

    Onlyfans: cos’è e come funzionano le tasse

    OnlyFans è una piattaforma che permette ai creator di:

    • Caricare contenuti esclusivi (foto, video, messaggi vocali);
    • Farsi seguire da utenti paganti tramite abbonamento mensile;
    • Ricevere mance o offerte per contenuti personalizzati;
    • Offrire servizi extra (chat private, live streaming, video a richiesta, ecc.).

    Dal punto di vista fiscale, si tratta di una prestazione continuativa a pagamento che rientra nell’attività di lavoro autonomo: quindi, i guadagni devono essere dichiarati, e se l’attività è abituale, scatta l’obbligo di Partita IVA.

    Serve la Partita IVA per lavorare su Onlyfans?

    La risposta è: sì, nella stragrande maggioranza dei casi.
    Vediamo i due scenari possibili:

    1. Attività occasionale

    Se pubblichi contenuti in modo saltuario, non sei attivo regolarmente, e i tuoi guadagni sono molto contenuti (es. qualche centinaio di euro all’anno), potresti rientrare nel regime di “prestazione occasionale”.
    Ma attenzione: non deve essere un’attività abituale o organizzata (es. calendario editoriale, promozione su social, investimento in attrezzatura);
    Devi comunque emettere ricevuta con ritenuta d’acconto e dichiarare i redditi.
    Questo regime è molto limitato e difficilmente applicabile a chi prende Onlyfans sul serio.

    Guadagno meno di 5.000 quindi non devo aprire la partita iva…
    Il limite dei 5.000 euro è spesso citato riguardo all’obbligo di aprire la Partita IVA, ma questa è una percezione errata. In realtà, l’obbligo di aprire la Partita IVA dipende dall’abitualità e dalla continuità dell’attività svolta, non dall’ammontare dei guadagni. Anche con incassi inferiori a 5.000 euro, se l’attività è regolare e organizzata, è necessario aprire la Partita IVA. Al contrario, guadagni superiori a 5.000 euro da prestazioni occasionali non richiedono l’apertura della Partita IVA, ma solo l’iscrizione alla Gestione
    Separata INPS per i contributi previdenziali.

    2. Attività abituale

    Occorre aprire la Partita IVA se:

    • Produci contenuti regolarmente;
    • Promuovi il tuo profilo;
    • Guadagni in modo continuativo (mensilmente o quasi);
    • Interagisci con i follower;

    Allora la tua attività è abituale e quindi devi aprire la Partita IVA, anche se lavori da casa, da sola/o, e anche se non ti consideri “un’imprenditore/imprenditrice”.

    Quale codice ATECO usare per creator Onlyfans?

    Il codice più adatto potrebbe essere il 59.11.00 – Attività di produzione cinematografica, di video e di programmi televisivi Adatto per gli streamer, quindi per chi realizza video.
    Questo codice è generico, ma ben si presta ad attività creative online, comprese quelle svolte su piattaforme come OnlyFans, Patreon, Fansly, ecc. Viene utilizzato anche da performer, illustratori, youtuber e influencer.
    Ne esistono altri che riguardano attività che possono essere volte su onlyfans e se proprio non ne va bene una esiste il 96.09.09 – Altre attività di servizi per la persona nca, il più generico.

    Vantaggi:

    • Permette la gestione in regime forfettario;
    • Non prevede obbligo di iscrizione alla Camera di Commercio;
    • È compatibile con attività online di tipo creativo o di intrattenimento.

    Regime forfettario: perché è ideale per iniziare

    Chi apre la Partita IVA per la prima volta può accedere al regime forfettario, se rispetta alcune condizioni (fatturato inferiore a 85.000€/anno, nessuna partecipazione in società, residenza in Italia, ecc.).

    • Vantaggi del forfettario:
    • Tassazione agevolata al 15%, che può scendere al 5% per i primi 5 anni;
    • Nessuna IVA sulle fatture;
    • Nessuna ritenuta d’acconto;
    • Puoi scaricare 22% forfettario di spese (coefficiente di redditività per il codice ATECO 90.03.09).

    Come si gestisce fiscalmente un profilo Onlyfans?

    Ricezione dei pagamenti

    I pagamenti arrivano dalla società che gestisce OnlyFans (Fenix International Limited, con sede nel Regno Unito) che trattiene la sua commissione e versa sul tuo conto il tuo guadagno.

    In sostanza i rapporti sono:

    • il creator propone il proprio servizio on line;
    • l’utente sceglie il servizio e sottoscrive generalmente un abbonamento con il creator e paga anche con
      mance e donazioni;
    • l’utente paga Onlyfans che si fa carico della riscossione;
    • Onlyfans trattiene generalmente il 20% e versa al creator il compenso

    Emissione della fattura

    Questo è un tema delicato in quanto qualche tempo fa è intervenuta una importante sentenza della Corte di Giustizia UE che, dando ragione al fisco inglese (la società Fenix International Limited ha sede nel regno
    unito) ha confermato che Onlyfans deve assoggettare ad iva l’intero incasso dell’utente. Di fatto nei termini di utilizzo della piattaforma è scritto che

    “Ai soli fini dell’IVA del Regno Unito, i Creatori sono considerati come se fornissero i loro servizi a OnlyFans e non direttamente ai Fan”.

    Pertanto, ad oggi, il creator registrato a fini Iva in Italia fattura direttamente ai fans.
    Poiché i fans possono risiedere in Italia o all’estero la fatturazione può creare dei seri problemi.
    Nel primo caso si emetterà normale fattura con iva al 22% o si potrà optare per l’annotazione dei corrispettivi (i corrispettivi oltre a semplificare la procedura garantirebbero anche la privacy del Fan); nel secondo caso invece occorrerà prestare attenzione se l’utente è un soggetto iva o meno; se è soggetto la
    fattura non avrà iva in quanto si applica la territorialità è del paese del committente, se è un privato allora ci sarà l’iva al 22%

    Trasferimento dei fondi su conto personale

    Molti creator ricevono i soldi tramite PayPal, Paxum, o bonifico. Il metodo di incasso non modifica l’obbligo fiscale. Anche i fondi lasciati su PayPal vanno considerati reddito percepito e quindi tassati.

    Privacy, anonimato e aspetti sensibili

    Molti creator adult sono preoccupati per la privacy. Purtroppo, l’apertura della Partita IVA comporta la registrazione del proprio nome, codice fiscale e città di residenza.

    Possibili soluzioni:

    • Usare uno pseudonimo solo per il nome d’arte, mantenendo il nome vero per la fatturazione;
    • Aprire la Partita IVA come lavoro autonomp evitando l’iscrizione alla Camera di Commercio (con il codice ATECO 90.03.09);
    • Creare una società (più costosa, ma tutela meglio la separazione tra identità fiscale e attività pubblica).

    Cosa succede se non dichiari nulla?

    Se il Fisco scopre che stai guadagnando (anche migliaia di euro) su OnlyFans e non hai Partita IVA né dichiari nulla, puoi andare incontro a:

    • Accertamento fiscale e obbligo di pagare le imposte non versate;
    • Sanzioni amministrative fino al 240% delle imposte dovute;
    • Interesse di mora e rischio di iscrizione a ruolo (cartelle esattoriali);
    • In caso di cifre elevate, anche segnalazioni per evasione fiscale.

    Usare Paxum, PayPal o carte prepagate estere non rende i guadagni invisibili: il Fisco può ottenere le

    informazioni tramite scambio internazionale di dati bancari (CRS).

    Checklist per mettersi in regola

    • Apri la Partita IVA con il codice ATECO corretto;
    • Iscriviti alla Gestione Separata INPS (obbligatoria);
    • Attiva un indirizzo PEC e codice SDI per la fatturazione elettronica;
    • Emetti regolarmente le fatture o corrispettivi;
    • Conserva tutte le prove di incasso (estratti PayPal, bonifici, notifiche);
    • Fatti aiutare da un commercialista (meglio se esperto in creator digitali).


    Essere un creator su OnlyFans è un lavoro vero, e come ogni attività professionale comporta obblighi fiscali.

    Ignorarli può diventare molto rischioso, mentre lavorare in regola ti dà la libertà di crescere, promuoverti e investire nella tua attività senza paura.
    Il consiglio migliore? Apri la Partita IVA appena l’attività diventa stabile. Il regime forfettario ti aiuterà a iniziare in modo sostenibile, e potrai costruire un business serio e duraturo.

  • Guadagni su PayPal, Stripe o Ko-fi: il fisco li vede?

    Guadagni su PayPal, Stripe o Ko-fi: il fisco li vede?

    Nel mondo del lavoro digitale, piattaforme come PayPal, Stripe e Ko-fi sono diventate strumenti indispensabili per ricevere pagamenti da clienti, fan o collaborazioni internazionali.

    Ma sebbene questi strumenti siano agili e immediati, spesso si diffonde una convinzione pericolosa: “se il denaro non passa da un conto bancario italiano, il Fisco non se ne accorge”.

    La realtà è ben diversa. In questo articolo facciamo chiarezza su cosa sa davvero l’Agenzia delle Entrate, come vengono monitorati i conti PayPal & Co., e quali sono gli obblighi fiscali da rispettare per non incorrere in sanzioni.

    Il mito dell’invisibilità: da dove nasce?

    Molti pensano che i guadagni ricevuti su PayPal o Stripe non siano tracciabili, soprattutto se il denaro non viene trasferito subito su un conto bancario tradizionale. Questo mito deriva da due convinzioni errate:

    1. Non si tratta di un vero conto bancario, quindi non è soggetto a controlli;
    2. I pagamenti da piccole donazioni o microservizi (es. su Ko-fi o BuyMeACoffee) non sono “lavoro vero”.

    Falso. Le autorità fiscali possono monitorare anche i conti digitali, e qualsiasi somma ricevuta in cambio di un servizio è reddito a tutti gli effetti.

    Il Fisco li vede? Sì. Ecco perché.

    1. PayPal e Stripe sono sottoposti alla normativa antiriciclaggio (AML)

    In Europa, PayPal e Stripe sono istituzioni finanziarie regolamentate. Sono quindi obbligate a:

    • Identificare l’utente (KYC – Know Your Customer);
    • Conservare i dati delle transazioni;
    • Segnalare operazioni sospette;
    • Collaborare con le autorità fiscali dei Paesi membri.

    2. Common Reporting Standard (CRS)

    Il CRS è un sistema di scambio automatico di informazioni bancarie tra Stati aderenti (inclusa l’Italia). Le piattaforme finanziarie con sede in Paesi aderenti sono tenute a comunicare i dati dei titolari di conti o wallet alle autorità fiscali del loro Paese, che poi li trasmettono all’Agenzia delle Entrate.

    Anche se PayPal ha sede in Lussemburgo, Stripe in Irlanda e Ko-fi nel Regno Unito, tutti questi Paesi partecipano allo scambio automatico di informazioni.

    Quali guadagni sono visibili e come vanno dichiarati?

    Freelance e Partita IVA:

    • Ogni pagamento ricevuto tramite PayPal, Stripe, Ko-fi o simili è considerato un compenso per un’attività;
    • Deve essere fatturato, anche se arriva come “donazione”;
    • Va registrato nella contabilità e dichiarato nei redditi professionali.

    Privati senza partita IVA:

    • Se le somme ricevute sono sporadiche e non organizzate in forma di impresa o professione, si possono considerare redditi diversi (art. 67 del TUIR);
    • Tuttavia, se l’attività è abituale, continuativa o con finalità di lucro, sei fiscalmente tenuto ad aprire una posizione IVA.

    Anche una “donazione” su Ko-fi è un reddito se viene fatta in cambio di un contenuto, un’illustrazione, un servizio o altro valore.

    Trasferire il denaro sul conto cambia qualcosa?

    No. Il denaro è tracciabile già all’interno della piattaforma. Il Fisco può chiedere i movimenti direttamente a PayPal, Stripe o altri provider, senza bisogno che tu abbia trasferito quei fondi sul tuo conto corrente.

    Anzi, lasciare i soldi su PayPal per evitare controlli è una pratica pericolosa e inutile, perché:

    • Non elimina gli obblighi dichiarativi;
    • Può essere interpretata come occultamento volontario;
    • Espone al rischio di sanzioni gravi in caso di verifica fiscale.

    Cosa succede in caso di controllo fiscale

    L’Agenzia delle Entrate può:

    • Chiederti l’accesso agli estratti PayPal o Stripe degli ultimi 5 o 10 anni;
    • Richiedere spiegazioni su ogni entrata registrata;
    • Presumere che gli accrediti non dichiarati siano reddito in nero;
    • Applicare sanzioni fino al 240% delle imposte evase.

    Anche piccole cifre (es. 1.000-2.000 €) possono generare conseguenze se ricevute regolarmente e non dichiarate.

    Come mettersi in regola (o restarci)

    1. Dichiara tutto il reddito

    Anche se piccolo o ricevuto in dollari, anche se lo chiami “donazione”, tutto ciò che ricevi in cambio di un’attività ha rilevanza fiscale.

    2. Tieni traccia di ogni pagamento

    Scarica periodicamente gli estratti conto da PayPal, Stripe, ecc. per tenerli come documentazione contabile.

    3. Valuta se aprire la Partita IVA

    Se ricevi pagamenti ricorrenti, se offri servizi o contenuti in modo continuativo, è molto probabile che tu sia obbligato ad aprirla. Il regime forfettario in Italia offre buoni vantaggi per iniziare (aliquota al 5% o 15%).

    4. Evita conti “non dichiarati”

    Se hai conti PayPal o carte prepagate (come Revolut, Wise, ecc.) con saldo superiore a 5.000€, potresti essere obbligato a dichiararli nel quadro RW della dichiarazione dei redditi.

    Errori comuni da evitare

    • “Non lo dichiaro perché tanto sono piccole somme” → anche i microredditi vanno dichiarati.
    • “Non serve fattura se ricevo con Ko-fi” → falso, è reddito se hai dato qualcosa in cambio.
    • “Il conto è estero, quindi non tracciabile” → falso, il CRS ha eliminato il segreto bancario.
    • “Apro PayPal a nome di un amico/familiare” → questo può configurare interposizione fittizia, ed è perseguibile.

    Dichiarare guadagni PayPal: perché farlo

    Usare strumenti digitali per ricevere pagamenti è del tutto lecito e sempre più comune, ma ciò non esonera dagli obblighi fiscali. PayPal, Stripe, Ko-fi & Co. sono perfettamente tracciabili, e il Fisco italiano ha i mezzi — e l’interesse — per monitorarli.

    Il modo migliore per lavorare online, crescere e dormire sonni tranquilli? Essere trasparenti, dichiarare tutto e organizzarsi fin dall’inizio con una gestione professionale dei propri guadagni.

    @fiscobuddy

    💸 Per comodità il 90% dei creator si appoggia a conti online come Revolut, che funzionano molto bene ma devono essere usati nella maniera corretta. 🌎 I conti esteri vanno inseriti in dichiarazione, quadro RW, non solo per monitoraggio fiscale, ma perché se la loro giacenza media è superiore a 5.000€ è dovuta l’IVAFE, una tassa del 2 per 1000. 👉 Ci sono tante altre cose che devi sapere sui conti esteri sia per stare in regola col fisco, sia per risparmiare sulle tue tasse, se vuoi approfondire visita il nostro sito e prenota una consulenza grtuita. #fiscobuddy #commercialista #commercialistadigitale #partitaiva #lavorooccasionale #creator #revolut

    ♬ suono originale – FiscoBuddy
  • Partita IVA: scattano i controlli sui forfettari, ecco come funzionano

    Partita IVA: scattano i controlli sui forfettari, ecco come funzionano

    L’Agenzia delle Entrate ha avviato una serie di controlli mirati sui contribuenti che hanno usufruito del regime forfettario senza rispettare i requisiti previsti.

    Il focus è sulle annualità pregresse, a partire dal 2019, e le conseguenze per chi ha commesso irregolarità possono essere molto pesanti.
    Se sei un forfettario, è il momento di verificare la tua posizione fiscale.

    Cos’è il regime forfettario?

    Il regime forfettario è un’opzione fiscale agevolata riservata ai titolari di partita IVA che esercitano attività d’impresa, arti o professioni. Per poter beneficiare di questo regime, i contribuenti devono rispettare determinati requisiti:

    • Ricavi e compensi non superiori a 85.000 euro annui (per il 2019 il limite era di 65.000 euro).

    • Spese per lavoro accessorio, dipendenti e collaboratori non superiori a 20.000 euro lordi annui.

    • Nessun reddito da lavoro dipendente o pensione superiore a 30.000 euro annui.

    • Nessuna partecipazione in società di persone, associazioni professionali o imprese familiari.

    Chi non ha rispettato anche solo uno di questi parametri potrebbe ora essere nel mirino del Fisco.

    Come avvengono i controlli sulla Partita IVA?

    L’Agenzia delle Entrate ha intensificato le verifiche, concentrandosi su cinque aspetti chiave:

    1. Soglia dei ricavi e compensi: chi ha superato il limite di 85.000 euro (o 65.000 nel 2019) sarà fuori dal regime.

    2. Spese per dipendenti e collaboratori: superare i 20.000 euro porta automaticamente all’esclusione.

    3. Altri redditi: chi ha percepito più di 30.000 euro da lavoro dipendente o pensione potrebbe perdere i benefici del regime.

    4. Rapporti di lavoro mascherati: i contribuenti che hanno trasformato un rapporto di lavoro dipendente in partita IVA rischiano verifiche approfondite.

    5. Aliquota del 5%: il Fisco sta controllando che l’aliquota ridotta per i primi cinque anni sia stata applicata correttamente.

    Le verifiche riguardano in particolare le dichiarazioni dei redditi dal 2019 in poi. È già partita la notifica degli schemi di accertamento ai contribuenti sospettati di irregolarità.

    Cosa succede se ricevi una comunicazione dell’Agenzia delle Entrate?

    Quando il Fisco individua un’anomalia, invia uno schema di accertamento al contribuente, notificandogli le presunte irregolarità. Questa comunicazione rappresenta una fase preliminare dell’accertamento, durante la quale il contribuente può:

    • Presentare una controdeduzione, dimostrando la correttezza della propria posizione fiscale.

    • Aderire all’accertamento, accettando l’errore contestato e beneficiando di una riduzione delle sanzioni.

    La risposta deve essere inviata entro 60 giorni dalla notifica.

    Esempio pratico di accertamento e sanzione

    Immaginiamo il caso di Marco Forfait, un creator che ha aperto partita IVA il 1° dicembre 2019 e ha dichiarato ricavi per 15.000 euro. Tuttavia, il limite di fatturato per quell’anno andava ragguagliato ad anno, quindi il tetto massimo non era 65.000 euro, bensì:

    (65.000 × 31 giorni) / 365 giorni = 5.520,55 euro

    Avendo superato questo limite, Marco ha perso il diritto al regime forfettario e avrebbe dovuto pagare le imposte secondo il regime ordinario. L’Agenzia delle Entrate ha quindi calcolato:

    • Imposta dovuta in regime ordinario: 2.570 euro

    • Sanzione base del 90%, aumentata di un ulteriore 10% perché il reddito accertato (15.000 euro) supera di oltre il 10% quello dichiarato (11.700 euro)

    Totale sanzioni e imposte dovute: una cifra ben superiore a quanto Marco aveva previsto.

    Come evitare problemi con il Fisco?

    Se rientri tra i contribuenti forfettari, il consiglio è di verificare attentamente la tua posizione fiscale. In particolare:

    • Controlla che il limite dei ricavi sia stato calcolato correttamente.

    • Assicurati di non aver superato i 20.000 euro di spese per dipendenti o collaboratori.

    • Verifica che non ci siano altri redditi incompatibili con il regime forfettario.

    • Se hai ricevuto una comunicazione dall’Agenzia delle Entrate, rispondi tempestivamente con le controdeduzioni necessarie.

    Il Fisco sta intensificando i controlli e le sanzioni possono essere molto pesanti. Meglio prevenire che trovarsi a dover pagare cifre salate per errori evitabili.

  • Partita IVA per travel creator e travel blogger: quando serve, costi e vantaggi fiscali

    Partita IVA per travel creator e travel blogger: quando serve, costi e vantaggi fiscali

    Negli ultimi anni, sempre più persone hanno trasformato la loro passione per i viaggi in un vero e proprio lavoro grazie ai blog, ai social media e alle collaborazioni con brand e enti turistici. 

    Le classificazioni incominciano ad essere diffuse in rete e dipendono dalla differente attività svolta. C’era una volta il travel blogger…

    Ora, oltre al blogger, possiamo individuare il travel creator, il travel vlogger, il travel influencer, il travel photographer e videomaker, il travel consultant, il travel designer e persino il digital nomad expert.

    Ma quando uno di questi travel lavoratori deve aprire la partita IVA? Quali sono i costi e le tasse da considerare? In questa guida scoprirai tutto quello che devi sapere per lavorare in regola ed evitare problemi con il Fisco.

    Quando un travel blogger deve aprire la partita IVA?

    Molti travel blogger, creator ecc… iniziano la loro attività in modo occasionale, ma quando i guadagni diventano costanti e si superano determinati limiti, l’apertura della Partita IVA diventa obbligatoria.

    Hobby o attività professionale? Il limite dei 5.000€

    Secondo la normativa fiscale italiana, un’attività è considerata professionale e richiede una partita IVA quando viene svolta abitualmente.

    Purtroppo non esiste una casistica ben delineata e spesso si sente dire che basta non superare incassi per euro 5.000. Questo limite appartiene al passato e oggi vale solo per rendere obbligatoria l’iscrizione alla gestione separata Inps.

    Diciamo che quell’importo di 5.000 in effetti è considerato lo stesso una sorta di limite perché ovviamente se la tua attività rende solo 5.000 euro in un anno difficilmente si riesce a considerare abituale. Sappiate però che di norma la partita iva prescinde da importi e si rende obbligatoria quando:

    Si svolge in modo continuativo e abituale e professionalmente;

    – Con organizzazione di mezzi propri;

    – Sempre quando l’attività rientra tra quelle iscritte in Albi professionali

    Quindi in teoria possono esserci prestazioni anche superiori a euro 5.000 per le quali non sussiste l’obbligo della partita iva.

    Se il tuo blog genera entrate fisse ogni mese da più fonti (sponsorizzazioni, affiliazioni, vendita di servizi), allora, molto probabilmente, devi aprire una partita IVA.

    Esempio pratico:

    • Devi aprire Partita IVA: Guadagni 700€/mese tra collaborazioni con brand e link affiliati.
    • Puoi operare senza IVA (lavoro occasionale): Una tantum ricevi 3.000€ (o anche di più) per un progetto.

    Quale codice ATECO scegliere per un travel blogger?

    Per aprire la partita IVA come travel blogger, è fondamentale scegliere il codice ATECO corretto, che identifica la tua attività.

    Il codice più adatto è il 73.11.03 – Servizi di promozione pubblicitaria, specifico per creator, influencer e blogger.

    Codice ATECODescrizioneQuando usarlo?
    73.11.03Servizi di promozione pubblicitaria e gestione di contenuti digitaliPer travel blogger che monetizzano con sponsorizzazioni, affiliazioni e contenuti social
    73.11.02Conduzione di campagne pubblicitarieSe gestisci ADV per aziende turistiche
    79.90.19Altri servizi di prenotazione e attività turisticheSe organizzi viaggi e vendi pacchetti turistici
    74.10.90Attività di travel designerChi costruisce gli itinerari di viaggi

    Attenzione: Se il travel blogger vende corsi, guide o consulenze di viaggio, potrebbe essere necessario un codice ATECO aggiuntivo. Meglio consultare un esperto fiscale per evitare errori.

    Se un’attività sconfina con un’altra si possono inserire più codici ateco con la stessa P.Iva.

    Quanto costa aprire e gestire la partita IVA?

    Il costo in sé non è significativo, generalmente se sei un professionista non ha costi mentre se sei un’impresa sei obbligato a iscriverti in CCIAA e costa qualche centinaio di euro, ovviamente sono esclusi gli onorari del professionista incaricato. I costi della Partita IVA in sostanza sono le imposte e i contributi da versare ogni anno.

    Regime forfettario: conviene?

    Il regime forfettario è la scelta migliore per chi guadagna meno di 85.000€ allanno, perché offre agevolazioni fiscali.

    Ecco i costi principali:

    VoceCosto annuo
    Tasse (15% sul 78% del fatturato)Variabile
    Contributi INPS (24% sul reddito imponibile, minimo 3.900€/anno)3.900 €
    Commercialista400-800€

    Vantaggi del Forfettario:

    • No IVA in fattura (si emettono fatture senza IVA)
    • Aliquota fiscale bassa (15% o 5% per i primi 5 anni)
    • Contabilità semplificata

    Svantaggi:

    • Non si possono scaricare molte spese
    • Se si superano gli 85.000€/anno, si passa al regime ordinario o a una srl; puoi dedurti i costi ecc

    Travel blogger all’estero: dove pagare le tasse?

    Molti travel blogger vivono allestero e si chiedono dove devono pagare le tasse.

    La regola dei 183 giorni

    La residenza fiscale è determinata dalla presenza in un Paese per almeno 183 giorni allanno.

    Se passi più di 6 mesi allestero, puoi trasferire la tua residenza fiscale in un altro paese e pagare le imposte nel luogo in cui vivi..
    Se hai il centro degli interessi in Italia (clienti italiani, famiglia in Italia), il Fisco ti considera comunque residente fiscale italiano e devi dichiarare i tuoi guadagni in Italia.

    Famosi sono i casi di Valentino Rossi, Max Biaggi e del grande Pavarotti.

    Caso particolare: Se sei un nomade digitale senza residenza fissa, potresti optare per Paesi con tassazione agevolata (es. Portogallo, Dubai, Estonia), ma è sempre meglio valutare con un commercialista esperto di fiscalità internazionale. Ricordiamoci sempre di valutare residenza e domicilio ed eventuale iscrizione all’Aire!

    Cosa può dedurre un travel blogger con Partita IVA?

    Una delle domande più frequenti riguarda le spese deducibili: cosa può scaricare un travel blogger?

    Spese Deductibili% Deducibilità
    Biglietti aerei, hotel e ristoranti (se trasferta di lavoro)100%
    Ristoranti e omaggi (se spese di rappresentanza)75%
    Attrezzatura (fotocamera, drone, laptop, smartphone)100%
    Abbonamenti software (Adobe, Canva, SEO tools)100%
    Corsi di formazione e libri professionali100%

    Per rendere un viaggio scaricabile fiscalmente, devi dimostrare che è necessario per la tua attività (es. collaborazione con enti turistici, produzione contenuti).

    Un commercialista tradizionale ti dirà che il viaggio puoi dedurlo in parte o addirittura non dedurlo. 

    L’esperienza e la specializzazione evitano entrambi i seguenti errori opposti:

    – farti dedurre spese che non ti spettano;

    – non farti dedurre spese che ti spettano magari solo per “prudenza”. 

    Come aprire la partita IVA per travel blogger?

    Se hai deciso di aprire la partita IVA come travel blogger, il processo è semplice

    Mandaci una mail e ti aiuteremo a:

    • Scegliere il codice ATECO giusto.
    • Registrare la Partita IVA presso l’Agenzia delle Entrate e in Camera di commercio se è il caso..
    • Iscriverti alla Gestione Separata INPS.

    Da Human Safari a Daniel Mazza, i nostri creator e travel blogger

    Fisco Buddy è il primo servizio per creator e influencer, nel nostro roster abbiamo già tanti travel blogger come Human Safari, Daniel Mazza, Stefano Cantarini, Claudio Pelizzeni, Carlo Laurora e molti altri, insomma di tasse e travel blogger ne capiamo.